Sono molte le future mamme che si accostano al momento del parto con un misto di gioia, di impazienza e di timore. Avere paura del parto è assolutamente normale, ma spesso questo timore non è legato solo ai possibili rischi per la mamma e per il suo bambino, ma anche ad eventi che possono verificarsi durante il parto e che possono provocare conseguenze nel periodo post partum. Una di queste eventualità è che venga praticata l’episiotomia: noi di BlaBlaMamma vogliamo spiegarvi di cosa si tratta, a cosa serve e quando è davvero utile.
- Che cos’è l’episiotomia?
- Perché e quando si esegue
- Quando l’episiotomia è davvero necessaria?
- Episiotomia: cicatrice e guarigione
- Ci si può rifiutare di fare l’episiotomia?
- Cosa fare per prevenire l’episiotomia?
Che cos’è l’episiotomia?
L’episiotomia è un taglio chirurgico di qualche centimetro che in alcuni casi si esegue durante il parto naturale per allargare l’apertura vaginale e aiutare così il passaggio della testa del bambino. L’incisione si esegue nella zona del perineo, cioè la muscolatura tra l’apertura vaginale e l’ano.
Questa pratica viene svolta con una anestesia locale e dopo il parto la ferita viene suturata con punti riassorbibili. L’incisione può essere mediana, cioè effettuata verticalmente dalla vagina verso l’ano, oppure mediolaterale, cioè in direzione del gluteo destro.[ 1 ]
Questa pratica venne introdotta verso la metà del Settecento e da allora conobbe una grande popolarità, tanto che negli anni Ottanta era praticata a quasi tutte le donne al primo parto. Ora le cose sono diverse e il suo utilizzo si è molto ridotto, anche se risulta una pratica ancora molto in voga: i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, riferendosi ai soli parti naturali, parla di una incidenza del 60,4% al Nord, del 66,1% al Centro e del 79% al Sud.
Perché e quando si esegue
L’episiotomia viene oggi definita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) “dannosa, tranne in rari casi” e che “l’utilizzo sistematico della pratica dell’episiotomia non ha giustificazione scientifica”[ 2 ] eppure, come abbiamo visto, è una pratica ancora ampiamente utilizzata.
In origine si riteneva che questa piccola operazione consentisse di impedire che la pressione esercitata sul perineo provocasse lacerazioni e stiramenti alla parte interessata, che avrebbero potuto predisporre la neo mamma a soffrire di incontinenza e prolasso uterino.
Nel corso degli anni, però, molti studi hanno sfatato queste convinzioni, affermando che questo intervento è più dannoso che utile, salvo in alcuni casi specifici. Si è infatti evidenziato che per le neo mamme non ci sarebbe vantaggi né a breve né a lungo termine: si rileva una maggiore possibilità di infezioni e problemi di cicatrizzazione, oltre a dolore, sanguinamento, difficoltà nella ripresa dei rapporti sessuali e significativa riduzione della tonicità del pavimento pelvico, che potrebbe portare proprio a incontinenza e prolasso.
Quando l’episiotomia è davvero necessaria?
Nonostante le controindicazioni che abbiamo visto, ci sono casi in cui questo taglio si rivela necessario per la salute della mamma e del bambino. L’episiotomia è necessaria, ad esempio, quando durante il parto il neonato mostra segni di sofferenza, cosa che in genere accade quando la sua testolina si trova all’altezza del perineo. In genere la muscolatura del perineo si distende per lasciarla passare, ma in caso di sofferenza del bimbo potrebbe non esserci il tempo per permettere a questi muscoli di distendersi a sufficienza; in questi casi l’episiotomia permette di guadagnare tempo prezioso.
Un’altra eventualità in cui l’episiotomia potrebbe rivelarsi necessaria è quando il bimbo è molto grande (in questo caso si parla di macrosomia) e fa molta fatica a passare per il canale del parto.
Episiotomia: cicatrice e guarigione
Anche nel caso in cui vengano usati punti riassorbibili, rimarrà comunque una cicatrice dell’episiotomia. Se però i punti vengono dati alla perfezione, con margini ben accostati, la cicatrice sarà minima e questo sarà molto importante per il recupero della sensibilità e della funzionalità.
La guarigione vera e propria, invece, richiede tempo e pazienza, dato che la sutura si trova in una zona non esposta ad aria e luce e quindi farà fatica a cicatrizzare. Questo processo potrebbe inoltre essere doloroso. I tempi di guarigione sono comunque molto soggettivi, quindi non è possibile indicare tempistiche precise.
Ci si può rifiutare di fare l’episiotomia?
Ci sono casi in cui questo intervento è davvero necessario, ma sono eventualità abbastanza rare. In tutti gli altri casi, cosa fare se non si vuole che sia praticata l’episiotomia durante il parto naturale? La futura mamma deve ricordare che nessun atto medico può essere praticato senza la firma del consenso informato da parte dell’interessato, nemmeno in caso di interventi salva vita. A parte questo, oltre al consenso informato, si può stilare un piano del parto per mettere per iscritto la propria volontà, ma a volte non è facile rivendicare i propri diritti, soprattutto in un momento delicato come quello del parto, in cui la partoriente si trova già in una condizione di maggiore fragilità.
Cosa fare per prevenire l’episiotomia?
Il ricorso a questo intervento dipende molto – purtroppo – dalle scelte dell’operatore. Ci sono tuttavia alcune cose che potete fare per preparare il perineo al momento del parto, in modo da diminuire le possibilità che questo intervento si renda necessario. Durante la gravidanza potete ad esempio praticare degli esercizi per il pavimento pelvico, facendovi seguire (almeno per le prime volte) da una persona esperta che vi mostri quale muscolatura attivare e in che modo. Durante il travaglio vero e proprio, invece, potete avvalervi di alcune posizioni che facilitano la discesa del bimbo nel canale del parto e farvi praticare impacchi caldi per aiutarvi a distendere la muscolatura.
Cosa ne pensate di questo delicato argomento? Avete domande oppure esperienze da condividere? Fatecelo sapere sui nostri canali social!
NOTE
1. Humanitas San Pio X, Episiotomia: come si esegue e a cosa serve il taglio vaginale
2. WHO, WHO recommendations Intrapartum care for a positive childbirth experience