Gravidanza dopo i 40 anni: tutto quello che devi sapere Rimanere incinta dopo aver compiuto 40 anni comporta alcuni rischi, che possono essere prevenuti e affrontati con successo. Vediamo come superare questa sfida, sempre più frequente in Italia.

Gravidanza dopo i 40 anni: tutto quello che devi sapere

Hai più di 40 anni e aspetti un bambino o stai cercando di rimanere incinta? Stando a quanto riporta Eurostat, l’Italia detiene il primato europeo delle donne che partoriscono il primo figlio a oltre 40 anni di età (7,2%).
Al giorno d’oggi è normale voler diventare mamma dopo i 35 anni, e i motivi possono essere i più diversi e personali. Le cause possono essere legate a esigenze lavorative, a questioni economiche o all’incontro tardivo del partner ideale.

Chi cerca di restare incinta dopo i 40 anni deve mettere in conto che con l’aumentare dell’età aumentano i rischi di infertilità, aborto spontaneo e anomalie nel feto.
La gravidanza è una prova di forza per il corpo di ogni donna. L’aumentare dell’età può portare qualche complicazione in più, ma ci sono diversi fattori da prendere in considerazione.

Vediamo insieme quali possono essere i rischi di una gravidanza oltre i 40 anni e cosa si può fare per prevenirli e affrontarli.

Fertilità femminile

Il periodo fertile di una donna comincia dalla comparsa delle prime mestruazioni a 10-14 anni fino alla menopausa, che si manifesta tra i 48 e i 53 anni.
Gli ovociti, o cellule uovo, sono le cellule sessuali femminili (gameti femminili), che, uniti ai gameti maschili (spermatozoi), danno origine a una nuova vita. La riserva ovarica è la quantità di ovociti presenti nelle ovaie e da questa dipende la fertilità della donna. Le possibilità di rimanere incinta diminuiscono al diminuire della fertilità, che si riduce con l’avanzare dell’età. Questo accade perché il numero di ovociti disponibili e la loro qualità andranno naturalmente diminuendo nel tempo.

Fertilità maschile

Per valutare la fertilità dell’uomo lo strumento principale è lo spermiogramma, l’analisi del liquido seminale che valuta concentrazione, capacità di movimento e forma degli spermatozoi. Sono infatti queste le caratteristiche che influenzano la capacità fecondante del liquido seminale.
Anche la fertilità maschile cala verso i 40 anni. Il trascorrere degli anni infatti può diminuire la produzione, produrre mutazioni nello sperma e ridurre la sua capacità di fecondare.
L’età non è l’unico fattore da tenere in considerazione per valutare un’eventuale infertilità maschile. L’eccessiva presenza di spermatozoi difettosi (con doppia testa, doppia coda o mobilità ridotta) riduce inevitabilmente la capacità di fecondazione. Se il numero degli spermatozoi difettosi o con mutazioni supera il 40% dell’intera “popolazione spermatica” , questo influisce inevitabilmente sulla fertilità maschile. Quando supera l’80% invece, si può parlare direttamente di sterilità [ 1 ].

Aborto

Generalmente un aborto spontaneo nelle prime settimane viene considerato naturale a tutte le età. Secondo uno studio pubblicato sul British Medical Journal [ 2 ], una rivista medica pubblicata con cadenza settimanale nel Regno Unito dalla British Medical Association, il rischio generale è inferiore al 10% nelle donne tra i 25 anni e i 29 anni per arrivare a superare il 53% dopo i 45 anni.

Anomalie cromosomiche

Un altro aspetto da tenere in considerazione è che, insieme all’età, aumenta anche il rischio di concepire un feto che sia affetto da anomalie cromosomiche (la più nota è la sindrome di Down).
L’Azienda Sanitaria di Firenze approfondisce il rischio statistico della sindrome di Down relazionandolo con l’età della mamma: la probabilità di generare un figlio con tale sindrome è di 1 su 1352 a 25 anni, 1 su 356 a 35 anni, 1 su 97 a 40 anni, fino ad arrivare a 1 su 23 a 45 anni
Durante la gravidanza è possibile effettuare dei test di screening per approfondire la probabilità che il bambino sia affetto da questa o da altre anomalie.
I test che si possono fare sono:

  • Bi test
  • analisi del DNA fetale dal sangue materno
  • villocentesi
  • amniocentesi

Bi test

Il Bi-test, è un semplice prelievo di sangue materno che si può eseguire tra l’undicesima e la tredicesima settimana di gravidanza.
Lo scopo del test è determinare la presenza di 2 ormoni nel sangue: la free beta-hCG (frazione libera della gonadotropina corionica) e PAPP-A (proteina A plasmatica associata alla gravidanza). I risultati delle analisi vengono correlate con una serie di dati e variabili (es. translucenza nucale, età della mamma etc.) per ottenere un indice di rischio.
Tale test consente di individuare i feti a rischio di anomalie cromosomiche, senza dovere ricorrere a esami più invasivi come villocentesi e amniocentesi. Questi esami sono comunque gli unici in grado di diagnosticare con certezza se il nascituro sia affetto o meno da una sindrome cromosomica.

Analisi del DNA fetale dal sangue materno

L’analisi del DNA fetale dal sangue materno si può fare a partire dall’undicesima settimana di gravidanza e si consiglia di abbinarla all’ecografia del primo trimestre. Questo test si basa sul principio che nel sangue materno ci siano frammenti di dna del nascituro.
In base all’analisi di questi frammenti si può verificare il rischio della sindrome di Down (trisomia 21) e di altre due patologie genetiche, la trisomia 18 (sindrome di Edwards) e la trisomia 13 (sindrome di Patau).
Anche l’analisi del DNA fetale, come il Bi test, calcolano la probabilità che il feto sia affetto da queste sindromi, ma non danno una diagnosi certa. Per avere una diagnosi precisa ci si dovrà affidare ad una villocentesi o una amniocentesi.

Villocentesi

La villocentesi può essere eseguita tra l’undicesima e la tredicesima settimana di gravidanza. L’esame consiste nel prelievo dei villi coriali, tessuti presenti nella placenta che permettono di diagnosticare eventuali anomalie cromosomiche del feto. È un test invasivo, che avviene sotto guida ecografica attraverso una puntura addominale o, più raramente, tramite un catetere vaginale fino a raggiungere la cavità uterina.

Amniocentesi

L’amniocentesi è un test simile alla villocentesi, che avviene sempre tramite puntura addominale sotto guida ecografica. Lo scopo dell’esame è di prelevare un campione di liquido amniotico, liquido contenuto nel sacco amniotico che avvolge il feto, per determinare se è affetto da alterazioni cromosomiche o malattie genetiche e metaboliche. L’amniocentesi può essere eseguita sia in epoca di gestazione “precoce”, tra la sedicesima e la diciottesima settimana, per evidenziare appunto le variazioni a livello cromosomico o genetico o in fase più “tardiva”, dopo la venticinquesima settimana, per valutare la maturità fetale.
Nelle strutture pubbliche, per le donne con età superiore a 35 anni o per i soggetti a rischio, l’esame è in genere gratuito a seconda delle disponibilità dei centri regionali.

Altri rischi per mamma e feto

Secondo un’intervista rilasciata a Repubblica dalla dottoressa Rossella Nappi [ 3 ], Professore Ordinario di Ostetricia e Ginecologia presso l’Università di Pavia: “La gravidanza a 40 anni è certamente possibile, ma pone qualche sfida in più sul versante del benessere materno e fetale perché alcune condizioni, come l’ipertensione gestazionale e il diabete, sono più frequenti”
e aggiunge
“Certamente a 40 anni occorrerà porre maggior attenzione alla salute generale della donna, più a rischio di incorrere in patologie che possono influenzare la gravidanza, come per esempio le alterazioni tiroidee o le malattie autoimmunitarie. Dai 35 anni in poi è consigliabile la diagnosi prenatale, con la villocentesi o l’amniocentesi, perché il rischio di patologie cromosomiche, come per esempio la sindrome di Down, è più elevato”.

La gravidanza porta dei cambiamenti importanti nel corpo di una donna (a partire dai tipici “sintomi della gravidanza”) e più avanti si è con l’età più aumentano le possibilità che il corpo faccia fatica ad adattarsi, portando così qualche scompenso.
Una gravidanza dopo i 40 anni, come riporta anche la rivista medica Healthline.com [ 4 ], presenterà un maggiore rischio di un diabete gestazionale, placenta bassa, emorragia post parto, preeclampsia o gestosi.
Grazie alla ricerca scientifica anche la mortalità materna è diminuita, diventando una percentuale infinitesimale, lo 0.0006, nelle donne over 45, come riporta uno studio pubblicato su PLoS One [ 5 ] .

Va poi tenuta in considerazione la salute generale della donna prima della gravidanza. Gli studi dimostrano che una persona in salute, attiva e con uno stile di vita equilibrato presenterà meno rischi di una in sovrappeso e con il diabete o altre malattie.
Secondo un recente studio condotto presso la Keck School of Medicine dell’Università della California del Sud, le donne che diventano mamme tra i 30 e i 40 anni, o anche oltre, vedono ridursi il rischio di ammalarsi di tumore all’endometrio in percentuali che vanno dal 17% al 44%, rispetto alle mamme che hanno partorito l’ultimo figlio a 25 anni o poco meno.
Anche i bambini hanno qualche vantaggio: i ricercatori dello University College di Londra, infatti, hanno dimostrato che i figli delle mamme in là con l’età saranno più sani e in salute, impareranno a parlare più velocemente e impareranno ad esprimere le proprie emozioni meglio.

Dieta

Mangiare sano seguendo una dieta equilibrata prima del concepimento e durante la gravidanza è importante ad ogni età, ma lo diventa ancora di più se si vuole intraprendere una gravidanza dopo i 40 anni.
Il ginecologo potrà fornire una lista di alimenti consigliati ed un eventuale piano di integrazione vitaminico da inserire nella dieta quotidiana segnalando anche i cibi tassativamente da evitare in gravidanza.
Come sostiene la dottoressa Laura Ferrero [ 6 ], sarà inoltre fondamentale per la salute della mamma e del bambino aumentare leggermente la normale razione di 1,5 / 2 litri di acqua al giorno per coprire gli aumentati fabbisogni gestazionale e fetale.

Gravidanza dopo i 40 anni: no alcool e fumo
Gravidanza dopo i 40 anni: stop alcol e fumo

No alcol e fumo

Si consiglia di stare lontani dalle sigarette per tutta la durata della gravidanza e anche oltre, sino al termine l’allattamento. Secondo quanto riporta la Fondazione Veronesi, i rischi in caso di fumo in gravidanza sono:

  1. parto prematuro
  2. aborto spontaneo
  3. gravidanza extrauterina

L’effetto principale del fumo è un minore apporto di ossigeno al piccolo, essenziale per la sua crescita. Questo può causare una ridotta crescita del bambino e dei suoi polmoni che comporterà un maggior sforzo del cuore per pompare ossigeno nel sangue. L’assorbimento di nicotina inoltre si ripercuoterà anche dopo il parto, tramite il latte materno, rendendo il piccolo irritabile. Infine il fumo aumenta del 25% il rischio di morte in culla.

Per quanto riguarda l’alcol, uno studio dell’istituto superiore di sanità riporta che il 7,6% dei nuovi nati in Italia portano i segni di un eccesso di consumo alcolico della mamma in gravidanza.
Le conseguenze di questo comportamento possono essere:

  1. aborto spontaneo
  2. parto pretermine
  3. basso peso alla nascita
  4. alcune malformazioni congenite
  5. sindrome della morte improvvisa in culla (SIDS)
  6. difficoltà cognitive e relazionali.

Esercizio fisico

L’esercizio fisico, e quindi mantenersi attive, è molto importante purché col “via libera” del proprio ginecologo che potrà consigliare le attività fisiche più idonee in funzione del decorso della gravidanza di ciascuna.
Le donne più sportive, con una gravidanza fisiologica ben avviata, saranno felici di sapere che possono mantenersi attive anche fino al nono mese.
Secondo una ricerca dell’American Pregnancy Association [ 7 ] 30 minuti di esercizio fisico quasi tutti i giorni portano diversi benefici, tra cui:

  1. riduzione di mal di schiena, costipazione e gonfiore
  2. aiuto nella prevenzione del diabete gestazionale
  3. aumento del livello di energia
  4. miglioramento dell’umore
  5. miglioramento della postura
  6. miglioramento di tono muscolare, forza e resistenza
  7. miglioramento del riposo notturno

Infine può migliorare la capacità di affrontare il travaglio e consentirà di tornare in forma più facilmente dopo la nascita del bambino.

Qualche consiglio in più

Volere una gravidanza dai 40 anni è assolutamente un sogno realizzabile se viene intrapreso un percorso consapevole e informato. Le probabilità di rimanere incinta sono più basse e possono aumentare le possibili complicazioni, pertanto ancor più dopo i 40 anni, diventa importante intraprendere questo percorso con l’aiuto di uno specialista che segua il decorso della gravidanza passo dopo passo. Il ginecologo potrà fornire tutti i consigli e le informazioni necessarie e individuare le migliori strategie per affrontare al meglio ogni fase, dal concepimento al parto, dalla nascita alla crescita del tuo bambino.

Per quanto riguarda la tipologia di parto, il taglio cesareo è un’opzione che mette d’accordo tutta la letteratura scientifica a questa età. Questa scelta però viene fatta soprattutto per una mancata intenzione ad affrontare il dolore del parto e le incognite ad esso legate. Per questo potrebbe essere talvolta utile avvalersi di un supporto psicologico specifico, già dall’inizio della gravidanza. Uno specialista può aiutare la donna incinta a razionalizzare tutte le ansie che possono sopraggiungere supportandola e accompagnandola al parto, che potrà anche essere naturale e spontaneo.

Per qualsiasi domanda o commento sulla gravidanza dopo i 40 anni, potete contattarci sui nostri social.

NOTE


1. Fonte: My Personal Trainer, “Cause di sterilità maschile”
2. British Medical Journal, “Role of maternal age and pregnancy history in risk of miscarriage: prospective register based study”
3. Rossella Nappi, “La maternità dopo i 40 annni”
4. Fonte: Healtline.com, “What you should know about having a baby at 40”
5. Fonte: Plos One“Medical and obstetric complications among pregnant women aged 45 and older”
6. Laura Ferrero, “Alimentazione in gravidanza”
7. Fonte: American Pregnancy Association, “Exercise during pregnancy”