La displasia dell’anca del neonato è una delle malformazioni scheletriche che più frequentemente si possono verificare alla nascita. Niente paura: con una diagnosi precoce si può trattare per tempo e nella maggior parte dei casi senza lasciare conseguenze. Noi di BlaBlaMamma vogliamo spiegarvi tutto quello che c’è da sapere sull’argomento.
- Come è fatta l’articolazione tra la gamba e il bacino
- Cos’è la displasia dell’anca del neonato
- Quali sono le cause?
- Come si fa la diagnosi?
- Come si cura la displasia dell’anca del neonato?
Come è fatta l’articolazione tra la gamba e il bacino
L’articolazione gamba-bacino è piuttosto complessa perché permette ampi movimenti in tutte le direzioni. È composta da due elementi: la testa del femore, cioè l’estremità tondeggiante di questo osso, e la cavità dell’anca, adatta a contenere questa “sfera” e a farla ruotare al suo interno.[ 1 ]
Cos’è la displasia dell’anca del neonato
La displasia dell’anca è un’anomalia dello sviluppo di questa articolazione che comporta un rapporto alterato tra la testa del femore e il suo alloggio. Questa anomalia comporta un rapporto articolare poco stabile tra le due parti e quindi la parziale o totale dislocazione dell’anca. Questo difetto riguarda il 2/3% dei neonati ed è in molti casi congenita, cioè già presente alla nascita. Spesso si tratta di un problema momentaneo, ma se non viene curato precocemente può provocare conseguenze più gravi, come ad esempio la lussazione della testa del femore, che consiste nella fuoriuscita del femore dal suo naturale alloggiamento. Questo potrebbe comportare un ritardo nella deambulazione e una zoppia sempre più evidente.
Quali sono le cause?
Alla nascita del bambino, questa articolazione è composta da cartilagine morbida che si ossifica gradualmente. Durante questo processo la testa del femore deve essere saldamente e correttamente inserita nel suo alloggio, in modo da permettere l’intera gamma di movimenti. Nella maggior parte dei casi si tratta quindi di un problema momentaneo: alla nascita la cavità non ha ancora finito di ossificarsi e i legamenti sono ancora deboli. Con le opportune accortezze il difetto si risolverà nel giro di qualche mese. Oltre a questo fattore, le cause della displasia non sono del tutto certe: alcuni studiosi ipotizzano che possa avere un ruolo l’oligoamnios, cioè lo scarso volume del liquido amniotico che obbliga il piccolo a tenere gli arti rannicchiati nell’utero.
Durante l’ultimo mese di gravidanza, inoltre, lo spazio all’interno dell’utero può diventare molto ristretto, soprattutto nel casi di bimbi di grandi dimensioni, e questo può facilitare lo spostamento della testa del femore dalla sua posizione corretta.
Come si fa la diagnosi?
La displasia dell’anca in genere non si può diagnosticare in utero, salvo in casi particolari. Al momento della nascita, però, si esegue di routine la manovra di Ortolani-Barlow, un semplice esame manuale che permette di diagnosticare la displasia. In caso di positività il bimbo verrà controllato e monitorato con ecografie eseguite entro le prime due settimane e ripetute dopo un mese. Se dopo i primi tre mesi il quadro ecografico si normalizza si può parlare di una guarigione completa, mentre nei casi più seri sono richiesti ulteriori interventi, come ad esempio l’uso di tutori appositi.
In caso di parto podalico o difficoltoso o se risulta che altri famigliari ne abbiano sofferto si può anticipare l’esame ecografico per una diagnosi precoce, in modo da individuare l’eventuale imperfezione tempestivamente e correggerla subito.
Come si cura la displasia dell’anca del neonato?
Solitamente il difetto si riduce nel giro di qualche mese tenendo il più possibile le gambine del piccolo divaricate verso l’esterno, ad esempio facendo indossare al bimbo degli appositi pannoloni divaricatori che aiuteranno a spingere la testa del femore nell’acetabolo, riequilibrando così la situazione.
Le tecniche di riabilitazione variano a seconda del tipo di displasia, della sua gravità e del momento in cui viene individuata. Nella maggior parte dei casi basterà un cuscinetto o un pannolone divaricatore, mentre nelle situazioni più serie può essere necessario l’uso di un tutore che tenga l’articolazione nella posizione corretta. Il tipo di intervento più idoneo verrà ovviamente deciso da uno specialista, con la collaborazione dei genitori, che dovranno seguire alla lettera le indicazioni date e comprenderne l’importanza. È importante sapere che il bimbo non sente nessun dolore o fastidio dall’uso del tutore!
Se invece il problema è stato diagnosticato tardi – dopo i 4-5 mesi – e non è stato effettuato nessun intervento correttivo oppure se è già presente una vera e propria lussazione dell’anca potrebbe essere necessaria una progressiva trazione dell’arto, che faccia scendere con delicatezza il femore e lo riposizioni nel suo acetabolo. Completa la procedura una serie di gessi, da rinnovare con cadenza regolare. Nel caso in cui il difetto congenito sia più grave è necessario ricorrere alla riduzione chirurgica della lussazione.[ 1 ] Per fortuna non è un caso che si verifica frequentemente.
Speriamo che questo argomento sia ora più chiaro; se avete dubbi o domande potete farcelo sapere sui nostri canali social.
NOTE
1. Ospedale Bambino Gesù, Displasia congenita o lussazione dell’anca