Colestasi gravidica: i sintomi, le cure e i rischi La colestasi gravidica è un problema, per fortuna piuttosto raro, che può verificarsi durante la gravidanza. Ecco quali sono i sintomi da riconoscere, le cure e i potenziali rischi per mamma e bambino.

Colestasi gravidica i sintomi, le cure e i rischi

La colestasi gravidica è una patologia epatica che può manifestarsi durante la gravidanza, anche se in maniera piuttosto rara. Riconoscerla è fondamentale, poiché può influire sul benessere della futura mamma e comportare rischi per il feto se non diagnosticata e trattata tempestivamente. Si tratta di un disturbo che, pur non essendo sempre grave per la donna, richiede attenzione medica e monitoraggio continuo. Noi di BlaBlaMamma spiegheremo in modo chiaro cos’è la colestasi gravidica, quali sono i sintomi, le cause, i rischi per la mamma e per il feto, i valori di riferimento per la diagnosi e le terapie più comuni.

Cos’è la colestasi gravidica?

La colestasi gravidica (ICP), chiamata anche colestasi ostetrica o colestasi intraepatica, è una patologia epatica che si manifesta durante la gravidanza, soprattutto nel terzo trimestre. Si tratta di una condizione rara, con un’incidenza stimata tra lo 0,4% e il 2% delle gravidanze, ma che merita grande attenzione perché può avere ripercussioni sul benessere della futura mamma e sullo sviluppo del feto.

Questa condizione si verifica quando il fegato non riesce a eliminare correttamente la bile, determinando un accumulo di acidi biliari nel sangue. L’aumento di queste sostanze può causare un forte prurito e alterazioni nei valori epatici, che diventano segnali importanti per la diagnosi.

La colestasi gravidica non è generalmente pericolosa per la donna se viene riconosciuta e trattata per tempo, ma gli acidi biliari elevati possono attraversare la placenta e influire sul benessere del bambino, aumentando il rischio di parto prematuro o altre complicanze. Per questo motivo è fondamentale prestare attenzione ai sintomi, come il prurito intenso, e rivolgersi subito al medico in presenza di campanelli d’allarme.

Compare più frequentemente nel terzo trimestre, quando i livelli ormonali raggiungono il picco massimo, ma può insorgere anche in fasi precedenti, soprattutto in presenza di fattori predisponenti come malattie del fegato o familiarità per questa patologia.

Le cause della colestasi gravidica e i fattori di rischio

Le cause della colestasi in gravidanza non sono ancora del tutto chiare, ma i medici concordano sul fatto che questa condizione sia fortemente influenzata dai cambiamenti ormonali tipici della gestazione, in particolare dall’aumento degli estrogeni e della progesterone. Questi ormoni possono alterare il normale funzionamento del fegato e rallentare il flusso della bile, favorendo l’accumulo di sali biliari e bilirubina nel sangue e nei tessuti. Questo accumulo provoca irritazione cutanea e il caratteristico prurito, uno dei sintomi colestasi gravidica principali.

Altri fattori che possono contribuire allo sviluppo della colestasi gravidica includono la predisposizione genetica, la presenza di alcune patologie del fegato non ancora diagnosticate, o l’interazione con determinati farmaci. Non è raro, infatti, che le donne che hanno avuto episodi di prurito in seguito all’assunzione di contraccettivi orali siano più predisposte a sviluppare il disturbo durante la gravidanza.

Sono considerate maggiormente a rischio:

  • donne con precedenti problemi epatici o malattie croniche del fegato;
  • donne con storia di calcoli biliari o disturbi della cistifellea;
  • donne che affrontano una gravidanza gemellare o multipla;
  • donne con madre o sorelle che hanno sofferto di colestasi gravidica (familiarità genetica);
  • donne che hanno manifestato prurito o reazioni cutanee legate all’assunzione di pillola contraccettiva;
  • donne con una dieta molto ricca di grassi o con altri disturbi del metabolismo biliare.

Colestasi gravidica i sintomi, le cure e i rischi2

Colestasi gravidica sintomi

Il sintomo principale della colestasi gravidica è un prurito intenso, spesso insopportabile, che inizia solitamente su mani e piante dei piedi, per poi diffondersi progressivamente al resto del corpo, compresi braccia, gambe e addome. Questo prurito non è accompagnato da eruzioni cutanee, ma può causare la comparsa di piccoli segni rossi dovuti al grattamento.

Oltre al prurito, possono manifestarsi altri segnali da non sottovalutare, che spesso indicano un’alterazione della funzionalità epatica:

  • Urine di colore scuro, dovute all’eccesso di bilirubina;
  • Feci chiare o grigiastre, segno di ridotta escrezione della bile e di cattiva digestione dei grassi;
  • Lieve itterizia, con ingiallimento di occhi e pelle nei casi più avanzati;
  • Sensazione di stanchezza e sbalzi d’umore, legati sia al fastidio del prurito sia alla disfunzione epatica;
  • Disturbi del sonno, insonnia e agitazione notturna, spesso peggiorati dall’intensificazione del prurito di sera;
  • Nausea o inappetenza in casi meno frequenti, causati dal rallentamento della digestione.

Nei casi sospetti, il prurito intenso, soprattutto se insorge nel terzo trimestre, deve essere sempre riferito al ginecologo per valutare la necessità di esami del sangue e monitoraggio del fegato.

Come si effettua la diagnosi?

In presenza di sintomi come prurito intenso, soprattutto durante il terzo trimestre di gravidanza (ma in alcuni casi anche prima), è fondamentale rivolgersi subito al ginecologo per valutare la situazione.

Il primo passo per la diagnosi è l’esecuzione di un esame del sangue, utile per controllare i livelli di acidi biliari, bilirubina e transaminasi. Un aumento degli acidi biliari nel sangue è uno dei principali indicatori di colestasi gravidica e consente di capire se il fegato sta funzionando correttamente.

In base ai risultati, il medico può prescrivere ulteriori accertamenti come:

  • Monitoraggi periodici degli enzimi epatici per valutare l’evoluzione della condizione;
  • Ecografia addominale per escludere la presenza di calcoli biliari o altre patologie del fegato;
  • Controlli cardiotocografici (CTG) o ecografie di accrescimento per verificare il benessere del feto.

Quando viene confermata la colestasi, la futura mamma dovrà seguire un programma di monitoraggio frequente, che può includere analisi settimanali e controlli ginecologici ravvicinati per prevenire eventuali complicanze per il bambino.

Colestasi gravidica: i rischi per la futura mamma e per il feto

La colestasi gravidica, per la futura mamma, non comporta rischi gravi se trattata tempestivamente, ma può causare alcuni problemi fastidiosi o complicazioni lievi. Oltre al prurito intenso, uno degli effetti principali è il minore assorbimento delle vitamine liposolubili (come le vitamine A, D, E e K) a causa della ridotta secrezione di bile. Questo può determinare un maggiore rischio di emorragie post partum dovute alla carenza di vitamina K, fondamentale per la coagulazione del sangue.

Le conseguenze per il feto sono più delicate e richiedono un attento monitoraggio. Gli acidi biliari elevati nel sangue materno possono attraversare la placenta, aumentando il rischio di:

  • Sofferenza fetale per effetto tossico sulla funzione respiratoria e circolatoria;
  • Ritardo di maturazione polmonare, a causa della ridotta sintesi di surfattante polmonare, indispensabile per la respirazione alla nascita;
  • Parto prematuro, spesso indotto per prevenire complicazioni;
  • Emissione di meconio (le prime feci del feto) nel liquido amniotico, che se inalato può causare asfissia alla nascita;
  • Raro ma possibile, rischio di morte intrauterina se la condizione non viene gestita e monitorata con attenzione.

Per ridurre questi rischi, i ginecologi prescrivono un follow-up stretto con controlli settimanali e, se necessario, valutano l’induzione del parto intorno alla 37esima settimana per evitare complicanze gravi.[ 1 ]

Colestasi gravidica valori di riferimento

Per confermare la diagnosi di colestasi gravidica, i medici si basano principalmente sul dosaggio degli acidi biliari e su altri parametri epatici come bilirubina e transaminasi. Valori superiori alla norma sono un indicatore chiave della patologia e permettono di valutare il livello di rischio per la mamma e il feto.

Ecco i principali valori di riferimento:

Parametro Valore normale Valore indicativo di colestasi gravidica
Acidi biliari < 10 µmol/L > 10-14 µmol/L (lieve) – > 40 µmol/L (severa)
Bilirubina totale 0,3 – 1,2 mg/dL > 1,2 mg/dL
Transaminasi (ALT e AST) < 35 U/L Valori aumentati

Un valore di acidi biliari superiore a 40 µmol/L è considerato un fattore di rischio maggiore per il feto e richiede un monitoraggio più intensivo, con controlli frequenti e possibile anticipazione del parto.

Colestasi gravidica linee guida

Le linee guida sulla colestasi gravidica indicano che la gestione di questa patologia deve essere tempestiva e multidisciplinare, con l’obiettivo di proteggere sia la salute della mamma sia quella del feto.

I punti principali raccomandati dai protocolli medici sono:

  • Monitoraggio regolare degli acidi biliari, della bilirubina e delle transaminasi con esami del sangue settimanali o bi-settimanali;
  • Terapia con acido ursodesossicolico per ridurre i livelli di bile nel sangue e alleviare il prurito;
  • Controlli ecografici e cardiotocografici (CTG) per monitorare il benessere del feto;
  • Induzione del parto intorno alla 37esima settimana per ridurre il rischio di morte intrauterina, soprattutto nei casi di acidi biliari > 40 µmol/L;
  • Consigli dietetici, con riduzione dei cibi grassi, fritti e insaccati, e idratazione adeguata (2 litri di acqua al giorno).

Ogni piano terapeutico deve essere personalizzato in base alla gravità della colestasi e alla settimana di gestazione, con un approccio condiviso tra ginecologo e specialista epatologo.

Colestasi gravidica: cosa fare?

Quando viene diagnosticata la colestasi gravidica è fondamentale intervenire subito con un piano terapeutico mirato, che abbia come obiettivi principali l’alleviamento del prurito, il controllo degli acidi biliari nel sangue e la protezione del feto fino a un’epoca gestazionale sicura (idealmente la 37esima settimana), per poi valutare l’eventuale induzione del parto e ridurre il rischio di complicanze.[ 1 ]

Il trattamento più comune prevede la somministrazione di acido ursodesossicolico, un farmaco che favorisce il miglioramento della funzionalità epatica, riduce la concentrazione di acidi biliari nel sangue e allevia il prurito, con pochi effetti collaterali.

Oltre alla terapia farmacologica, sono consigliati:

  • Monitoraggi frequenti con esami del sangue per verificare i livelli di acidi biliari, bilirubina e transaminasi;
  • Controlli ecografici e cardiotocografici per valutare il benessere del feto;
  • Dieta equilibrata e leggera, riducendo grassi saturi, fritti, insaccati e alimenti difficili da digerire;
  • Idratazione abbondante, con almeno 2 litri di acqua al giorno per favorire la depurazione dell’organismo;
  • Riposo e gestione dello stress, che possono influire sul benessere generale della mamma.

Un follow-up continuo e una stretta collaborazione tra ginecologo e specialista epatologo sono essenziali per mantenere la situazione sotto controllo fino al momento del parto.

Comprendere la colestasi gravidica significa sapere quando rivolgersi al medico, riconoscere i sintomi e affrontare con consapevolezza eventuali rischi. Un monitoraggio costante e una corretta gestione terapeutica permettono, nella maggior parte dei casi, di portare a termine la gravidanza in sicurezza, tutelando sia la mamma che il bambino.

NOTE


1. Autore, Colestasi gravidica: quali rischi per la donna?