Durante la gravidanza, o al momento del parto, può succedere che il futuro nascituro assuma all’interno dell’utero una posizione in cui piedi, natiche o ginocchia sono rivolti verso il basso. In questi casi si parla di presentazione podalica del feto e la futura mamma potrebbe trovarsi ad affrontare un parto podalico.
Noi di BlaBlaMamma abbiamo pensato di approfondire le cause che possono spingere il feto ad assumere una posizione diversa da quella cefalica (capo rivolto verso il fondo dell’utero), quali trattamenti e manovre è possibile mettere in atto per evitare di affrontare un parto podalico e cosa avviene al momento dell’espulsione.
- Cos’è il parto podalico
- Cause del posizionamento podalico del feto
- Come si diagnostica
- Rimedi e manovre possibili
- Al momento del parto podalico
Cos’è il parto podalico
Come accennato in precedenza si parla di parto podalico quando, al termine della gestazione, il feto si presenta con piedi, glutei o ginocchia rivolte verso il fondo dell’utero.
La presentazione podalica è da considerarsi un’anomalia, tanto che rappresenta solo il 4,5% del totale dei parti in Italia, secondo quanto si apprende nel “16° Rapporto sui dati del Certificato di Assistenza al Parto” della Giunta Regionale – Direzione Generale Cura della persona, Salute e Welfare dell’Emilia-Romagna nel 2018. Sempre secondo la stessa fonte, questo tipo di presentazione è più frequente in caso di parti prematuri e nelle donne primipare rispetto alle multipare (4,6% contro 2,6%), con particolare riferimento a coloro che hanno affrontato un parto con taglio cesareo in precedenza (4,5% contro 2% nelle multipare non pre-cesarizzate).
Il feto può assumere una posizione podalica solitamente tra la 33esima e la 36esima settimana gestazionale, o con l’avvicinarsi del termine della gravidanza oppure durante il travaglio.
Si possono avere tre varianti di presentazione podalica del feto:
- completa: glutei rivolti verso il basso, gambe piegate sulle ginocchia e piedi vicino alle natiche
- incompleta: glutei rivolti verso il basso e uno o entrambi i piedi rivolti verso il canale del parto
- franca (variante natiche): glutei rivolti verso il canale del parto, gambe distese davanti al corpo e piedi vicino alla testa
Cause del posizionamento podalico del feto
Le cause che portano il feto ad assumere una posizione podalica non sono ancora del tutto note, ma è stata osservata una significativa correlazione tra 3 diversi fattori: tipo di gravidanza, madre e feto.
Risulta quindi che i fattori di rischio associati alla madre e al tipo di gravidanza siano:
- parti gemellari
- gravidanze successive alla prima
- pregressi parti prematuri
- liquido amniotico presente nell’utero in quantità eccessiva (polidramnios) o scarsa
- utero di forma anomala o con escrescenze anormali, come nel caso dei fibromi
- placenta previa, che si verifica quando l’impianto della placenta è in prossimità o in corrispondenza dell’orifizio uterino interno
- brevità del cordone ombelicale
- tumori pelvici
- eccessivo aumento di peso in gravidanza
- elevato indice di massa corporea (IMC)
- abitudine al fumo di sigaretta
Secondo uno studio statunitense [ 1 ], la presentazione podalica è più frequente in donne di origine caucasica che vivono in condizioni socio-economiche medio alte, di età avanzata, primipare, a cui sia stata diagnosticata una nascita pretermine con peso fetale sotto la media e nascituro di sesso femminile.
Inoltre ulteriori studi hanno permesso di evidenziare una frequenza maggiore di feto podalico in donne che siano al secondo parto e abbiano affrontato in precedenza una nascita con taglio cesareo [ 2 ].
Il feto è più probabile che si disponga in posizione podalica in caso di:
- malformazioni
- basso peso alla nascita
Come si diagnostica
La diagnosi di presentazione podalica del feto solitamente viene fatta a poche settimane dalla data programmata per il parto.
Di solito si procede alla valutazione attraverso palpazione, fatta da personale specializzato (ostetrica o ginecologo) che, appoggiando le mani sulla parte bassa dell’addome della gestante, individua la posizione di testa, anche e schiena del nascituro. In caso di dubbio, la futura mamma viene sottoposta a ecografia al fine di valutare la quantità di liquido amniotico presente nell’utero, controllare la posizione della placenta e accertarsi che la crescita ponderale del feto sia corretta.
Si possono utilizzare anche speciali tecniche che utilizzano raggi X a bassa emissione per determinare la posizione del nascituro e le dimensioni della pelvi materna, in modo da stabilire se sia possibile il parto vaginale in condizioni di relativa sicurezza. Spetterà al ginecologo valutarne la fattibilità, considerando il rapporto beneficio-rischio, e dopo aver esposto alla futura madre i rischi e i vantaggi legati al parto vaginale in rapporto al parto con taglio cesareo.
Rimedi e manovre possibili
Nel caso in cui il feto si presentasse in posizione podalica all’interno dell’utero è possibile che avvenga una rotazione spontanea, solitamente nel periodo compreso tra la 28esima e la 32esima settimana di gestazione. Le probabilità che il feto assuma una posizione cefalica si riducono con l’approssimarsi della data presunta del parto.
È però possibile ricorrere a tecniche di natura medica e manipolatoria o naturale e posturale per favorire il rivolgimento del feto, da mettere in pratica tra la 27esima e la 32esima settimana gestazionale, ma comunque prima della data programmata del parto.
Secondo le raccomandazioni dell’Istituto Superiore di Sanità è a partire dalla 37esima settimana gestazionale che va offerta alla futura mamma la possibilità di ricorrere a manovre esterne per aumentare le probabilità di presentazione cefalica [ 3 ].
Ognuna delle metodologie che riportiamo ha percentuali di riuscita variabile. La scelta spetta al personale medico che segue la gestante e va fatta insieme alla futura mamma, che dovrà essere opportunamente messa al corrente del rapporto rischi-benefici.
La metodologia medica elettiva è nota come versione cefalica esterna. Si tratta di una tecnica non chirurgica, praticata solo da personale medico altamente specializzato.
Appoggiando le mani sull’addome, si spinge delicatamente nella parte bassa dell’addome, in modo da incoraggiare il rivolgimento fetale. Per favorire il rilassamento dell’utero, e quindi aumentare le probabilità di successo, vengono somministrati farmaci appositi, detti tocolitici. Inoltre, durante tutta la procedura, si monitora costantemente il battito cardiaco nel nascituro, cosicché si possa bloccare la manovra nel caso in cui si avvertano problematiche cardiache. L’utilizzo congiunto di un ecografo si rende necessario per valutare posizione del feto, quantità di liquido amniotico nell’utero e ubicazione della placenta. Con l’approssimarsi del termine della gravidanza la procedura diventa di più difficile attuazione.
Questa manovra presenta alcuni rischi: distacco della placenta, emorragia, rottura dell’utero e possibili danni al cordone ombelicale.
Risulta essere controindicata in caso di oligodramnios, placenta anteriore (posizionata cioè sulla parete anteriore dell’utero), gravidanza gemellare, fibromi di dimensioni elevate o multipli, sanguinamento vaginale e taglio cesareo pregresso.
È possibile ricorrere anche alla chiropratica, applicando la manovra di Webster, seguendo i dettami dell’International Chiropratich Pediatric Association [ 4 ].
In questo caso chiropratici altamente specializzati cercano di ridurre lo stress della pelvi di una donna incinta, favorendo il rilassamento dell’utero e dei legamenti che lo circondano. Lo scopo è quello di rendere l’utero più rilassato per favorire il naturale rivolgimento del feto in posizione cefalica. Questa manovra presenta alte possibilità di successo e risulta essere più efficace se praticata durante l’8° mese di gravidanza.
Altra possibile tecnica di rivolgimento arriva dalla medicina tradizionale cinese ed è la moxibustione, a volte associata all’agopuntura.
Alla base di questa metodologia sta la stimolazione del punto di agopuntura BL 67, che si trova sul margine esterno del piede, in prossimità dell’angolo ungueale del 5° dito. Chi la pratica, un’ostetrica specializzata o un naturopata, sfrutta il calore generato dalla combustione di un sigaro (o cono), ottenuto dall’essicazione delle foglie di una pianta medicinale, l’artemisia (artemisia vulgaris). Occorre tenere in posizione questo sigaro per alcuni secondi, fino a quando la donna avverte una sensazione di fastidio. L’efficacia della moxibustione nel favorire il rivolgimento fetale è ancora oggetto di studio e, attualmente, non risulta né confermata né negata [ 5 ].
Esistono poi tecniche naturali e praticabili in autonomia per cercare di portare il feto podalico in posizione cefalica, suggerite dalla fisioterapista Penny Simkin [ 6 ], specializzata in educazione al parto. L’efficacia di queste tecniche non è stata provata, tuttavia è certo che sono prive di rischio per mamma e nascituro.
Per attuare il primo metodo occorre procurarsi cuscini di grandi dimensioni, piuttosto rigidi, piazzandoli in modo tale che la donna incinta riesca a tener sollevati i fianchi dal pavimento di 30 centimetri circa, per 10-15 minuti, per 3 volte al giorno. Viene suggerito di praticare questa tecnica a stomaco vuoto e nei periodi in cui il feto è attivo. Occorre che il corpo sia rilassato, specialmente nella zona addominale, e che la madre si concentri sul bambino.
Il secondo metodo prevede l’utilizzo della musica e si basa sulla certezza che il feto è in grado di sentire i suoni provenienti dall’esterno dell’utero. Occorre posizionare un paio di cuffie nella parte inferiore dell’addome e, attraverso di esse, riprodurre una musica dolce o una registrazione della voce della madre, incoraggiando così il bambino a muoversi in direzione dei suoni, assumendo così una posizione cefalica.
Al momento del parto podalico
Se nessuna delle tecniche e metodologie descritte dovesse rivelarsi efficace e la remissione della posizione podalica non fosse avvenuta spontaneamente prima del travaglio, occorre pensare a come la futura mamma potrà affrontare il parto podalico.
Secondo quanto indicato nelle linee guida dell’Istituto Superiore di Sanità [ 7 ], la presentazione podalica costituisce una delle condizioni che inducono a chiara indicazione di parto da portare a termine attraverso taglio cesareo programmato. In questo modo è possibile diminuire la mortalità perinatale e neonatale, nonché la morbosità neonatale grave in rapporto al parto vaginale.
L’utilizzo preferenziale del taglio cesareo risulta essere consolidato in tutto il mondo, soprattutto dopo la pubblicazione dello studio noto come “The term breech trial”, che ha coinvolto 121 centri specializzati di 26 nazioni diverse. Ci sono tuttavia eccezioni, come avviene, per esempio, in Spagna, in cui i centri ospedalieri delle Isole Canarie e dei Paesi Baschi, oltreché alcune cliniche di Madrid, continuano a indicare come preferibile il parto vaginale naturale.
In assenza di complicazioni, il taglio cesareo non deve essere effettuato prima della 39esima settimana di gestazione.
Dopo consulto con il proprio ginecologo, in alternativa è possibile scegliere di affrontare il parto vaginale naturale, a patto che vengano rispettate le seguenti condizioni:
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- il feto si trova in posizione franca e rispetta i termini temporali previsti
- il feto non mostra segnali di anomalie cardiache
- il travaglio è regolare e la cervice in costante allargamento durante la discesa del feto nel canale del parto
- il personale sanitario che assiste la gestante giudica il feto non troppo grande, o il bacino della madre non troppo stretto o comunque tale da consentire al bambino di passare in sicurezza attraverso il canale del parto
- la struttura ospedaliera è attrezzata in modo da poter mettere a disposizione un anestesista qualificato e la possibilità di effettuare un parto cesareo d’urgenza
Il parto vaginale è decisamente sconsigliato se:
- il feto, oltre a presentarsi in posizione podalica, ha la testa ipertesa rivolta verso l’alto
- il feto è di dimensioni troppo grandi o troppo piccole considerando l’età gestazionale
- la madre presenta complicazioni come la preeclampsia (o gestosi)
Al momento della gestazione, per facilitare il passaggio del nascituro attraverso il canale del parto, oltre ad alcune manovre ormai consolidate, è possibile che vengano utilizzate delle pinze (forcipe) per guidare la testa del bambino fuori dal canale o una particolare ventosa per agevolare l’espulsione.
Una complicanza che potrebbe presentarsi durante il parto è il cosiddetto prolasso del cordone ombelicale. In tale evenienza il cordone ombelicale, posizionandosi di fronte alla parte presentata del feto, risulta essere schiacciato durante il travaglio, rallentando l’apporto di ossigeno e sangue al nascituro (ipossia fetale).
In tutti i parti vaginali con presentazione podalica il battito cardiaco fetale viene monitorato costantemente attraverso l’utilizzo di strumentazione elettronica. In questo modo, al minimo segnale di difficoltà, il personale medico presente in sala parto potrà decidere di praticare un taglio cesareo.
Se hai domande o ti piacerebbe che approfondissimo altri aspetti del parto podalico, contattaci sui nostri social.
NOTE
1. Peterson C., “Are race and ethnicity risk factors for breech presentation?”
2. AA. VV., “Previous cesarean section increases the risk for breech presentation at term pregnancy”
4, 8. ISS, “Taglio cesareo: una scelta appropriata e consapevole “
4. ICPA, Sito istituzionale
5. SaPeRiDoc.it, “Presentazione podalica a termine”
6. Penny Simkin, Sito personale
Altre fonti: American Pregnancy Association, “Breech Births”