Tutto quello che c’è da sapere sull’aborto terapeutico Quella di ricorrere all'aborto terapeutico è una scelta dolorosa che a volte si rende necessaria. Vediamo insieme tutto quello che c'è da sapere su tempistiche e modalità.

Tutto quello che c'è da sapere sull'aborto terapeutico

L’aborto è sempre un evento doloroso per le coppie che desiderano avere un bambino, ma a volte può rendersi purtroppo necessario. In Italia per quanto riguarda l’aborto terapeutico ci sono direttive molto precise. Noi di BlaBlaMamma vogliamo spiegarvi tutto quello che c’è da sapere sull’argomento.

Aborto terapeutico, cosa dice la legge?

L’aborto terapeutico, cioè una interruzione volontaria di gravidanza dopo il primo trimestre, in Italia è regolamentato dalla legge 194 del 1978. Può essere praticato solo in casi ben precisi:

  • se il proseguimento della gravidanza e il parto mettono seriamente a rischio la vita della donna. Rientrano in questa casistica, ad esempio, gravi patologie cardiovascolari, alcuni tipi di tumore come quello al seno o alla cervice che richiedono un trattamento che può risultare dannoso per il feto oppure in presenza di metastasi che riguardano la placenta, emorragia dovuta ad un distacco di placenta oppure rottura prematura del sacco amniotico;
  • se il feto presenta patologie o malformazioni che possono mettere a rischio la salute fisica o psicologica della donna che lo porta in grembo, come ad esempio malformazioni del sistema nervoso, anomalie cromosomiche o disordini del metabolismo.

In entrambi i casi l’interruzione di gravidanza può essere effettuata se ci sono pericoli per la donne e solo in presenza di una certificazione medica il più possibile precisa e dettagliata.

Quali sono le tempistiche entro le quali può essere effettuato?

La legge non specifica in maniera netta e precisa un termine ultimo per poter praticare l’aborto terapeutico, ma esige che debba avvenire prima che il feto abbia la possibilità di avere una vita autonoma al di fuori dell’utero. In questo caso, infatti, la stessa legge imporrebbe che il neonato venga rianimato, un punto molto controverso.
In genere, quindi, si fissa il limite massimo alla ventiduesima settimana più due o tre giorni, un termine che esclude la sopravvivenza del feto al di fuori dell’utero. Se la malformazione o la patologia vengono diagnosticate dopo questo termine, in Italia è possibile procedere solo in caso di gravissime implicazioni per la vita della donna, anche se il medico che esegue l’intervento deve impegnarsi formalmente ad adottare ogni misura per salvaguardare la vita del feto.

Tutto quello che c'è da sapere sull'aborto terapeutico

Come avviene l’aborto terapeutico?

L’aborto terapeutico può avvenire in diversi modi:

  • prima dei 90 giorni di gestazione si può indurre l’aborto in maniera farmacologica oppure chirurgica. Nel caso dell’interruzione di gravidanza farmacologica viene somministrato un farmaco che stimola le contrazioni dell’utero, portandolo ad espellere il suo contenuto. Questo farmaco è noto come RU 486; un paio di giorni dopo la sua somministrazione viene poi somministrato un altro farmaco, il misoprostolo;
  • un altra modalità prevede lo svuotamento dell’utero in anestesia generale mediante aspirazione (con una procedura detta isterosuzione) oppure tramite raschiamento. Questa tecnica può essere messa in pratica fino alla quindicesima o sedicesima settimana di gravidanza;
  • dopo tale termine bisogna mettere in atto un travaglio abortivo che porta all’espulsione del feto.

Affrontare il lutto perinatale

È indubbio che perdere un bimbo a qualsiasi punto della gravidanza oppure appena dopo il parto sia un grande dolore per la maggior parte degli aspiranti genitori, ma questo tema viene affrontato raramente. È un dolore da non sottovalutare, soprattutto perché in questo caso, al dolore della perdita si potrebbe anche sentire un senso di colpa per aver scelto di abortire, cosa che con l’aborto spontaneo non avviene. Non abbiate quindi timore ad esprimere liberamente il vostro dolore nella maniera che vi fa sentire meglio e a rivolgervi ad un professionista che vi possa sostenere in questo doloroso percorso.

Speriamo che ora l’argomento sia più chiaro. Se avete dubbi o domande potete farcelo sapere sui nostri canali social.