SOS bambini che mordono: ecco come affrontare la situazione Cosa fare con i bambini che mordono? Spesso questo comportamento getta i genitori nello sconforto: vediamo insieme quali sono le cause e come affrontare la situazione.

SOS bambini che mordono ecco come affrontare la situazione

Può capitare di andare a prendere il proprio bimbo al nido o alla scuola materna e scoprire che, durante la giornata, ha morsicato un amichetto. È una scena che lascia spiazzati: da una parte l’imbarazzo di fronte agli altri genitori, dall’altra il senso di colpa e la preoccupazione che questo comportamento possa nascondere qualcosa di “sbagliato”. In realtà, i morsi nei bambini piccoli sono un fenomeno più comune di quanto si pensi e, nella maggior parte dei casi, fanno parte di una fase di crescita passeggera.

La fatidica domanda che sorge spontanea è: cosa fare con i bambini che mordono? Niente panico: non si tratta di un “problema educativo” né di un segnale che il piccolo sia aggressivo per natura. Noi di BlaBlaMamma vogliamo offrirvi qualche indicazione utile per capire perché alcuni bambini mordono, come reagire in queste situazioni e quali comportamenti evitare, così da affrontare l’episodio con serenità e coerenza educativa.

Perché i bambini mordono?

Quella del morso non è una tappa obbligata nello sviluppo di un bimbo: non tutti i bambini mordono e non tutti lo fanno con la stessa intensità o frequenza. È però un comportamento piuttosto comune nei primi anni di vita e, nella maggior parte dei casi, del tutto passeggero. I motivi che portano un bambino a mordere possono essere diversi e cambiano a seconda dell’età e del contesto.

  • Nei primi mesi: la bocca è lo strumento principale con cui il neonato conosce il mondo. Già a partire dai 6-8 mesi, con la fase della dentizione e la voglia di esplorare, il piccolo tende a portare alla bocca ogni oggetto, compresi a volte le mani di mamma, papà o persino quelle di un amichetto.
  • Dopo l’anno: il morso può diventare un modo rudimentale per comunicare desideri o limiti. Può voler dire “questo gioco è mio” oppure “lasciami stare”. Non è cattiveria, ma mancanza di strumenti linguistici per esprimersi.
  • Frustrazione ed emozioni intense: quando un bambino non riesce a dire a parole ciò che prova, può ricorrere al morso. Può trattarsi di rabbia, eccitazione, gioia incontenibile o anche disagio.
  • Dai 2-3 anni: il morso può assumere un significato più relazionale. Alcuni bambini lo usano per sfogare rabbia, per attirare l’attenzione o, nei contesti di gruppo, per intimidire i coetanei. Anche in questi casi non c’è una reale volontà di fare male, ma un bisogno forte di esprimere ciò che non riesce a dire diversamente.


Il morso, quindi, va considerato un comportamento transitorio, legato alla crescita e allo sviluppo emotivo del bambino. Non deve essere sottovalutato, ma è importante ricordare che dietro questo gesto non c’è quasi mai l’intenzione di ferire l’altro.

SOS bambini che mordono ecco come affrontare la situazione

Quando preoccuparsi dei morsi?

In molti casi i morsi nei bambini sono una fase transitoria e non devono essere fonte di allarme. Tuttavia, ci sono alcune situazioni in cui è bene alzare la soglia dell’attenzione e valutare un intervento più mirato. Ecco i segnali da non sottovalutare:

  • Persistenza oltre i 3-4 anni: se il comportamento persiste con frequenza elevata anche dopo i 3–4 anni, quando solitamente il linguaggio e le abilità emotive sono più consolidate.
  • Morsi gravi o con ferite profonde: quando il morso provoca una lesione visibile, sanguinamento o segni che richiedono cure mediche.
  • Assenza di rimorso o empatia: se il bambino non mostra segni di dispiacere o non riconosce che l’altro soffre.
  • Ripetitività e contesti variabili: se il morso avviene frequentemente in diversi ambienti (casa, nido, giochi) e non in situazioni stressanti specifiche.
  • Altri segnali di disagio: regressioni nel linguaggio, difficoltà relazionali, disturbi del sonno, eccessiva irritabilità o isolamento.
  • Autolesionismo: situazioni in cui il bambino morde sé stesso in momenti di agitazione o ansia.

Se notate uno o più di questi segnali, può essere utile chiedere consiglio a un pediatra, a uno psicologo dell’età evolutiva o a un educatore specializzato. Un confronto professionale può aiutare a distinguere una fase passeggera da un comportamento che necessita una gestione più strutturata.

Cosa fare se il bambino morde?

Qualunque sia il motivo per il quale un bambino morde, sgridarlo o umiliarlo, soprattutto davanti ad altri, serve a poco, così come punirlo severamente. È comprensibile il senso di imbarazzo e mortificazione di un genitore nel vedere i segni lasciati dai dentini del proprio bimbo sul corpo di un altro, ma reagire con durezza o impulsività rischia solo di aumentare la confusione del piccolo. L’obiettivo, invece, deve essere quello di guidarlo a esprimere le emozioni in modo più adeguato.

Ecco alcune strategie pratiche:

  • Esprimere la disapprovazione con calma e fermezza: basta un chiaro “non si fa” detto con tono serio, senza urlare. Per rafforzare il messaggio, si può accompagnare con un gesto dolce, come mettere la mano davanti alla bocca.
  • Offrire alternative per esprimere le emozioni: incoraggiare il bambino a dire “sono arrabbiato” oppure proporre gesti positivi, come abbracci e baci, nei momenti di gioia intensa. Aiutare i piccoli a trovare le parole giuste è un passo fondamentale per sostituire il morso con il linguaggio.
  • Dare attenzione anche al bambino morsicato: andare subito da chi ha ricevuto il morso serve a far capire che quel gesto non porta a ottenere ciò che si desidera, anzi sposta l’attenzione altrove.
  • Sdrammatizzare senza ridicolizzare: non serve ingigantire l’episodio, ma è importante non minimizzare né fare battute che possano confondere il piccolo.
  • Inserire pause e cambi di attività: un bambino sovrastimolato o stanco accumula tensione. Fare piccole pause, cambiare gioco o proporre attività più tranquille aiuta a prevenire gli scatti improvvisi.
  • Se il bimbo è nella fase della dentizione, offrirgli giochi o anelli da mordere può aiutarlo a sfogare il fastidio in modo sicuro.
  • Agire in modo coerente con tutti i caregiver: genitori, nonni, babysitter ed educatori devono mantenere la stessa linea di comportamento. Se le reazioni sono incoerenti, il bambino faticherà a comprendere i limiti.
  • Creare un linguaggio emotivo quotidiano: leggere libri sulle emozioni, nominare ciò che si prova e dare l’esempio nell’esprimere i sentimenti è un rinforzo prezioso per insegnare che esistono modi diversi dal morso per comunicare.

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E cosa non fare?

Così come esistono strategie utili per gestire un bambino che morde, ci sono anche atteggiamenti da evitare, che rischiano di peggiorare la situazione o trasmettere messaggi confusi.

  • Non mortificarlo o punirlo fisicamente: sculacciate, urla o umiliazioni non aiutano a capire e possono alimentare paura e insicurezza. Un bimbo molto piccolo non ha ancora gli strumenti per collegare la punizione al comportamento.
  • Non metterlo in castigo “punitivo”: isolare il bambino in un angolo per troppo tempo lo fa sentire rifiutato, senza offrirgli una reale occasione di apprendere come comportarsi diversamente.
  • Mai morderlo a nostra volta: se lo si fa “per fargli capire che fa male”, il rischio è l’effetto opposto. Il piccolo potrebbe pensare che il morso sia accettabile perché lo fanno anche mamma e papà.
  • Non lasciarsi mordere: alcuni genitori tollerano i morsetti pensando che passeranno da soli. In realtà, così facendo, il bambino impara che mordere non ha conseguenze negative e può diventare un’abitudine.
  • Evitare di ridere o prenderlo come un gioco: anche se a volte il gesto può sembrare buffo, sorridere o ridere rischia di rinforzare il comportamento.
  • Attenzione ai “morsi affettuosi”: a volte, in buona fede, i genitori mordicchiano i propri figli per gioco o affetto. Questo gesto può confondere e far pensare che mordere sia un modo normale di dimostrare amore, con il rischio che venga riproposto anche con altri bambini.

Il messaggio da trasmettere deve essere chiaro e coerente: mordere non è un comportamento accettabile, indipendentemente dal contesto o dall’intenzione.

Come gestire i morsi al nido e in famiglia

Il morso non riguarda solo la relazione genitore-bambino, ma spesso coinvolge anche altri contesti, come il nido o i momenti di gioco in famiglia. È importante avere una linea educativa comune per aiutare il piccolo a comprendere i limiti.

  • Al nido o alla scuola dell’infanzia: gli educatori sono abituati a gestire episodi di questo tipo e sanno che si tratta di comportamenti frequenti. È utile che i genitori parlino con le insegnanti per capire in quali momenti avviene il morso (cambi di attività, giochi contesi, momenti di stanchezza) e collaborino per applicare strategie comuni.
  • A casa: i genitori possono osservare in quali situazioni il piccolo tende a mordere (stanchezza, frustrazione, gioco fisico troppo intenso) e anticipare il comportamento, proponendo attività di pausa, letture o giochi più tranquilli. La coerenza tra mamma e papà è fondamentale per non confondere il bambino.
  • Con i fratellini: capita che il morso venga rivolto a un fratello o a una sorella. In questi casi è importante intervenire subito, proteggere chi è stato morsicato e spiegare con calma al piccolo che esistono altri modi per comunicare rabbia o gelosia.
  • Creare un linguaggio emotivo condiviso: sia in famiglia che al nido è utile dare parole alle emozioni (“sei arrabbiato perché ti hanno tolto il gioco”, “sei felice e vuoi abbracciare forte”) per offrire alternative concrete al gesto impulsivo.
  • Stabilire routine rassicuranti: orari regolari per il sonno, i pasti e il gioco aiutano a ridurre irritabilità e stress, fattori che possono scatenare i morsi.

Gestire i morsi richiede pazienza, coerenza e collaborazione tra famiglia ed educatori. Quando il bambino percepisce che gli adulti intorno a lui parlano la stessa lingua, sarà più semplice abbandonare questo comportamento.

Conclusioni

I morsi nei bambini possono spaventare e mettere in difficoltà, soprattutto quando accadono davanti ad altri. È bene però ricordare che, nella maggior parte dei casi, si tratta di una fase transitoria dello sviluppo, legata al bisogno di esplorare, comunicare e gestire emozioni ancora troppo grandi per essere espresse a parole.

Il ruolo degli adulti non è punire, ma accompagnare: con pazienza, coerenza e messaggi chiari il bambino impara che mordere non è un modo accettabile per relazionarsi con gli altri. La collaborazione tra genitori, nonni, babysitter ed educatori è fondamentale per dare al piccolo punti di riferimento stabili e sicuri.

Ogni episodio, per quanto spiacevole, è un’occasione per insegnare al bambino qualcosa di prezioso: riconoscere le emozioni e imparare a gestirle. Con il tempo e con il giusto sostegno, questa fase rimarrà solo un ricordo, lasciando spazio a nuove conquiste relazionali.

FAQ: Bambini che mordono

È normale che un bambino morda?

Sì, è un comportamento frequente nei primi anni di vita. Il morso può essere legato alla dentizione, alla curiosità o alla difficoltà di esprimere emozioni e bisogni con le parole. Nella maggior parte dei casi si tratta di una fase passeggera.

Cosa significa se il bambino morde spesso?

Se i morsi sono molto frequenti e persistono oltre i 3-4 anni, è utile osservare il contesto in cui avvengono e parlarne con pediatra o educatori. Potrebbe essere un segnale di disagio o di difficoltà nella gestione delle emozioni.

È grave se il bimbo morde mamma o papà?

Non è grave, ma non va ignorato. Anche se avviene in un contesto affettuoso, è importante spiegare che non è un gesto accettabile, per evitare che diventi un’abitudine anche con altri.

Cosa fare se il bambino viene morsicato da un compagno?

La prima cosa è confortare il bambino che ha subito il morso. Successivamente, è importante che educatori e genitori collaborino, senza colpevolizzare nessuno, per far capire a entrambi i piccoli come esprimere le emozioni in modo diverso.

I morsi sono sempre un problema comportamentale?

No. Spesso si tratta di una fase legata allo sviluppo. Diventa un problema solo se il comportamento persiste nel tempo, è molto intenso o associato ad altri segnali di disagio. In questi casi, un confronto con specialisti può aiutare a capire meglio la situazione.