Si sente sempre più spesso parlare di rooming-in, una buona pratica ormai adottata in un numero sempre maggiore di ospedali italiani e internazionali. Ma di cosa si tratta esattamente e quali sono i benefici reali che questa scelta può offrire alla neo mamma e al suo bambino nei primissimi giorni dopo il parto?
Nato con l’intento di favorire il bonding e supportare l’avvio dell’allattamento, il rooming-in è molto più di una semplice organizzazione logistica: rappresenta un vero e proprio approccio centrato sulla relazione mamma-neonato, sul contatto continuo e sull’empowerment genitoriale fin dai primi momenti di vita del piccolo.
Noi di BlaBlaMamma vogliamo aiutarvi a scoprire tutto quello che c’è da sapere su questo argomento fondamentale, rispondendo alle domande più comuni e chiarendo dubbi, benefici e possibili alternative per vivere con maggiore consapevolezza il post parto in ospedale.
- Perché il legame mamma-bambino è così importante
- Rooming-in: cos’è e quando è nato
- Come funziona il rooming-in in ospedale
- Rooming-in: tutti i benefici per mamma e neonato
- Quando il rooming-in non è possibile (o consigliato)
- Domande frequenti sul rooming-in
Perché il legame mamma-bambino è così importante
Il legame che si instaura tra una mamma e il suo bambino è qualcosa di profondo, potente e già attivo prima ancora della nascita. Ma è nei primissimi momenti dopo il parto che questo legame può essere rafforzato in modo significativo, ponendo le basi per una relazione serena, sicura e consapevole.
In passato, e purtroppo in alcune realtà ancora oggi, questo legame veniva spesso trascurato o addirittura ostacolato da prassi ospedaliere rigide, che prevedevano la separazione tra mamma e neonato subito dopo la nascita. I bambini venivano affidati al personale sanitario e trasferiti nei cosiddetti “nidi”, dove le mamme potevano vederli e accudirli solo in determinati orari. Questo modello, che oggi può sembrare distante, era basato sull’idea che il riposo materno e l’organizzazione ospedaliera dovessero avere la priorità.
Solo a partire dagli anni Settanta, grazie a un cambiamento di prospettiva supportato da numerosi studi scientifici, si è iniziato a comprendere quanto il contatto precoce e continuativo tra madre e bambino fosse determinante per la salute fisica ed emotiva di entrambi. Questa nuova consapevolezza ha portato a una vera rivoluzione nella gestione del post parto, con la progressiva apertura dei nidi 24 ore su 24 e, successivamente, l’introduzione della pratica del rooming-in come standard nei reparti maternità più attenti al benessere sia della mamma che del neonato.
Oggi, favorire la vicinanza e il contatto pelle a pelle fin dai primi istanti viene considerato uno degli strumenti più efficaci per promuovere l’allattamento, stabilizzare il neonato e rafforzare la fiducia della mamma nel suo nuovo ruolo.
Rooming-in: cos’è e quando è nato
Con il termine rooming-in si indica la possibilità, per una neo mamma, di tenere il proprio neonato accanto a sé nella stanza d’ospedale fin dai primissimi momenti dopo il parto, anche per l’intero arco delle 24 ore. Letteralmente, infatti, “rooming-in” significa proprio “stare nella stanza insieme”.
Questa pratica, ormai sempre più diffusa nei reparti maternità italiani, nasce con l’obiettivo di favorire un’accoglienza più dolce e naturale per il neonato, che non viene separato dalla mamma, ma rimane a contatto con lei nel suo stesso spazio, evitando il trasferimento nel nido se non strettamente necessario.
Il rooming-in consente quindi al bambino di abituarsi gradualmente al nuovo ambiente extrauterino, circondato da voci e odori familiari, e alla mamma di instaurare da subito una connessione concreta e profonda con il proprio piccolo. È un modo per gestire insieme, e senza traumi, quel primo, delicatissimo distacco fisico dopo il parto, rendendolo più dolce e rassicurante.
Introdotto progressivamente a partire dagli anni Settanta, il rooming-in rappresenta oggi una delle scelte più raccomandate a livello internazionale per promuovere il benessere del neonato e supportare l’allattamento, come indicato anche dalle linee guida dell’Iniziativa Ospedale Amico dei Bambini promossa da UNICEF e OMS.
Come funziona il rooming-in in ospedale
Il rooming-in ha inizio subito dopo il parto, spesso già nella sala parto o nella sala post-parto, con il primo contatto pelle a pelle tra mamma e bambino. In quel momento il neonato, guidato dall’istinto, comincia a riconoscere l’odore familiare della mamma, si tranquillizza grazie al suono della sua voce e inizia a cercare spontaneamente il capezzolo per nutrirsi. Questo passaggio è fondamentale per prolungare senza interruzioni il legame costruito nel grembo materno e favorire un avvio sereno dell’allattamento.
Affinché il rooming-in sia davvero efficace, non basta semplicemente che mamma e bambino condividano lo stesso spazio: è necessario che l’ambiente ospedaliero sia pensato per garantire una convivenza serena e sicura. Le stanze dovrebbero essere sufficientemente ampie e attrezzate per consentire alla mamma di accudire il neonato in autonomia o con il supporto del personale, senza doverlo separare per i normali controlli pediatrici o le poppate.
In alcune strutture più avanzate, il personale sanitario si occupa di visitare il neonato direttamente nella stanza della mamma, riducendo al minimo gli spostamenti e preservando l’intimità del primo incontro. Inoltre, viene incoraggiato anche il coinvolgimento del papà o di un accompagnatore, compatibilmente con le regole della struttura, per rendere questo momento ancora più condiviso e rassicurante.
Il rooming-in, quindi, non è solo una scelta emotiva, ma un vero e proprio approccio organizzativo e relazionale, che mette al centro il benessere del neonato e la serenità della neo mamma fin dai primi istanti di vita insieme.
Rooming-in: tutti i benefici per mamma e neonato
La separazione forzata tra mamma e neonato, che purtroppo ancora avviene in alcuni contesti dopo il parto, può influire negativamente sui delicati meccanismi neuro-emotivi che regolano il rapporto mamma-bambino. Questa interruzione improvvisa provoca spesso uno stato di stress per entrambi e può compromettere la fase iniziale dell’allattamento, riducendo la capacità del neonato di attaccarsi correttamente al seno.
I vantaggi per il bambino
I benefici del rooming-in per i neonati sono numerosi e supportati da studi scientifici[ 1 ] e osservazioni cliniche:
- il piccolo si abitua in modo più graduale e meno traumatico alla vita extrauterina, accompagnato dalla voce, dall’odore e dal contatto fisico con la mamma;
- il contatto prolungato pelle a pelle favorisce la stabilizzazione del battito cardiaco, della temperatura corporea e della respirazione, contribuendo a uno sviluppo più armonioso;
- si rafforza sin da subito il legame affettivo con la madre, creando una base sicura per la relazione futura;
- viene favorito l’avvio dell’allattamento al seno, perché il neonato può attaccarsi quando lo desidera, assecondando il suo istinto. Questo stimola anche la produzione di latte materno, facilitandone la regolazione naturale.
I benefici per la mamma
Anche la mamma trae numerosi benefici dal rooming-in, primo fra tutti la possibilità di proseguire senza interruzioni quel legame emotivo che si è creato nei nove mesi di gravidanza. Il contatto costante con il proprio bambino riduce l’ansia da separazione, migliora l’umore e contribuisce a ridurre il rischio di depressione post-partum, grazie anche al rilascio naturale di ossitocina durante l’allattamento e i momenti di contatto.
Inoltre, condividere fin da subito la quotidianità con il neonato permette alla mamma (e anche al papà, se presente in reparto) di imparare a riconoscere i segnali del bambino, prenderne confidenza e iniziare il proprio percorso di genitorialità con maggiore sicurezza. Il supporto degli operatori sanitari in questa fase è fondamentale: infermiere, ostetriche e pediatri diventano guide preziose per aiutare i neo genitori ad affrontare senza timori i primi giorni di vita insieme.[ 2 ]
Il rooming-in comporta quindi numerosi vantaggi, ma va sottolineato che non deve diventare un’imposizione. Ogni mamma ha il diritto di scegliere quanto tempo passare con il proprio bambino nelle prime ore e giorni dopo il parto, ascoltando le proprie forze e i propri bisogni, senza sentirsi giudicata. Il nido ospedaliero continua a rappresentare una risorsa importante in caso di necessità mediche del neonato, monitoraggi specifici o nel caso in cui la mamma abbia bisogno di riposare o ricevere cure dopo il parto.
Quando il rooming-in non è possibile (o consigliato)
Sebbene il rooming-in offra numerosi vantaggi, è importante sottolineare che non sempre è praticabile o adatto per tutte le situazioni. In alcuni casi, infatti, può essere preferibile o necessario affidare temporaneamente il neonato al nido ospedaliero, senza che questo implichi una scelta sbagliata o meno affettuosa da parte della mamma.
Tra i casi più comuni in cui il rooming-in potrebbe non essere indicato troviamo:
- Condizioni di salute del neonato: se il bambino ha bisogno di cure mediche specifiche, monitoraggio continuo o terapie particolari, è fondamentale che venga seguito dal personale sanitario in un ambiente protetto e attrezzato.
- Condizioni di salute della mamma: in presenza di un parto complesso, taglio cesareo complicato, anemia post-parto o altre situazioni cliniche, la mamma potrebbe necessitare di riposo e assistenza, rendendo più difficile la gestione continua del neonato in stanza.
- Fatica fisica o emotiva: ogni esperienza di parto è diversa e non tutte le donne si sentono pronte, da subito, a occuparsi del proprio bambino 24 ore su 24. In questi casi, il supporto del nido ospedaliero può diventare una risorsa preziosa.
È importante ricordare che la scelta di non praticare il rooming-in, o di praticarlo solo in parte, non compromette in alcun modo il legame con il proprio bambino. Anzi, riconoscere i propri limiti e affidarsi con fiducia ai professionisti del reparto può contribuire a vivere i primi giorni con maggiore serenità.
Ogni mamma ha il diritto di trovare il proprio equilibrio, senza pressioni e senza sensi di colpa. L’obiettivo comune resta sempre lo stesso: garantire benessere, sicurezza e amore per entrambi.
Il rooming-in è una pratica che può fare una grande differenza nei primi giorni di vita del neonato e nella delicata fase di transizione della mamma verso il suo nuovo ruolo. Favorisce il contatto, rafforza il legame affettivo, sostiene l’allattamento e aiuta a riconoscere fin da subito i bisogni del bambino.
Tuttavia, è importante ribadire che non si tratta di una regola da seguire a tutti i costi. Ogni parto è diverso, ogni mamma ha tempi e risorse diverse, e ogni situazione clinica va valutata con attenzione. Per questo motivo, scegliere il rooming-in deve essere una possibilità offerta e rispettata, non un’imposizione.
Conoscere questa pratica, sapere come funziona e quali benefici comporta, permette a ogni famiglia di prendere decisioni più serene e consapevoli, in accordo con i propri bisogni e quelli del bambino. Perché il primo passo verso una genitorialità serena è proprio questo: sentirsi accolti, sostenuti e liberi di scegliere.
Domande frequenti sul rooming-in
Il rooming-in è obbligatorio in ospedale?
No, non è obbligatorio. Anche quando la struttura lo propone come opzione, ogni mamma è libera di scegliere se e per quanto tempo tenere con sé il neonato in stanza, in base al proprio stato fisico, emotivo e alle condizioni del bambino.
Si può fare rooming-in dopo un parto cesareo?
Sì, nella maggior parte dei casi è possibile, anche se dipende da come la mamma si sente nel post-operatorio. In molte strutture il personale supporta la mamma nelle prime ore, aiutandola ad accudire il neonato senza sforzi eccessivi.
Cosa succede se il neonato ha bisogno di cure?
Se il bambino presenta anche solo lievi problematiche che richiedono monitoraggio, il personale può decidere di tenerlo nel nido per alcune ore o giorni. In questi casi, il rooming-in può essere sospeso temporaneamente o adattato.
Il rooming-in è compatibile con l’allattamento artificiale?
Assolutamente sì. Anche se si sceglie o si ha bisogno di ricorrere al latte artificiale, il contatto continuo con la mamma rimane prezioso per il legame affettivo e per la conoscenza reciproca nei primi giorni.
Il papà può partecipare al rooming-in?
Dipende dalle regole della struttura ospedaliera. Alcuni reparti permettono al partner di restare per diverse ore al giorno o anche durante la notte, offrendo così un sostegno concreto alla mamma e favorendo il bonding anche con il papà.
Se sono troppo stanca, posso chiedere che il bimbo venga portato al nido?
Sì, e senza sensi di colpa. Il benessere della mamma è fondamentale per il benessere del bambino. Chiedere aiuto è un atto di cura, non di debolezza.
NOTE
1. Rooming-In: Creating a Better Experience, Rooming-In: mamme e neonati più sereni
2. Gruppo San Donato, Rooming-In: mamme e neonati più sereni